“In questo luogo mariano, vogliamo condividere quanto Papa Francesco ha chiesto a tutti in preparazione al Giubileo: il 2024 sia una grande sinfonia di preghiera”.
Questo c’è scritto subito in una locandina affissa dentro il Santuario di Dinnamare, dove si è tenuto un concerto ad ingresso libero nell’ambito dell’iniziativa “Armonie dello Spirito” che ben raccoglie l’invito del Pontefice.
Patrocinato dalle Arcidiocesi di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela, l’evento “Alétheia Ensemble” (Alétheia è una parola greca che significa “disvelamento”, ensemble è francese e significa insieme, quindi volendo rozzamente tradurre, il tutto dovrebbe significare “disvelare insieme”), è stato seguito dai fedeli che avevano assistito alla messa che si era appena conclusa e sono rimasti a gremire la Chiesa.
Il canto avvolgente ed appassionato di Tiziana Filiti, mezzosoprano, accompagnata dalle esecuzioni di Raimondo Broccio, flauto traverso, e di Alessandro Monteleone, chitarra, ha effettivamente disvelato tanto. È invece sull’insieme che mantengo qualche perplessità, ma questo secondo alcuni è ascrivibile alla mia indole iper critica; in realtà sono semplicemente parecchio scettico ormai sul genere umano e sull’impossibilità pratica per l’individuo di sfuggire alla massa, nonostante tutti i suoi sforzi genuini.
Di sicuro, il concerto è stato uno di questi tentativi e la sua esecuzione è stata all’altezza della fama dei tre artisti intervenuti (il cui curriculum è stato “disvelato” dal “Programma” disponibile) e ha innescato quello che ritengo un mio normale meccanismo di curiosità sugli autori delle opere rappresentate. Così, tornato a casa, ed aiutato dalla moderna tecnologia, stante la mia ignoranza crassa in storia della musica, mi sono informato.
Mauro Giuliani, artista di fine Settecento, inizio Ottocento, di cui è stata eseguita l’op. 39 (Sei cavatine, composizione per canto e chitarra, o canto e pianoforte) che ha aperto il programma, è un autore che ha rispecchiato perfettamente il clima della sua epoca e le sue contraddizioni, e pienamente il periodo di grandi aspettative suscitate dalla Rivoluzione francese e quello napoleonico.
Giulio Caccini, è l’autore della prima delle tre “AVE MARIA” rappresentate. Egli vive a cavallo tra il tardo Cinquecento e l’inizio del Seicento, romano di nascita ma toscano di origini e particolarmente legato ai Medici, signori di Firenze.
William Gomez, chitarrista originario di Gibilterra, rappresentante del XX secolo e defunto esattamente e curiosamente proprio agli albori del XXI secolo e cioè nel 2000, è l’autore della seconda “AVE MARIA” cantata.
Astor Piazzolla, argentino ma fortemente influenzato dalla cultura newyorkese (vivere a New York non è lo stesso che essere semplicemente “americani”), è infine l’autore della terza ed ultima AVE MARIA.
Il programma è stato chiuso da “Siete canciones populares espagnoles” di Manuel De Falla. Spagnolo, amico di Federico Garcia Lorca, con cui ha collaborato anche artisticamente e fuggito dalla Spagna a seguito della vittoria di Franco, De Falla finirà i suoi giorni in Argentina, nella città di Alta Gracia. Oltre che il nome di una città, forse il miglior commento sintetico per il concerto tenutosi ieri, senza nemmeno bisogno di tradurre queste due parole
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