Continua la stagione teatrale ai Magazzini del Sale e giunge al terzo appuntamento

Il Clan degli attori andrà in scena venerdì 29 e sabato 30 novembre alle ore 21,00 e domenica 1 dicembre alle ore 18,30 con il pluripremiato testo di Giusi Arimatea “Una vita a cottimo” cui darà corpo e voce Mauro Failla per la visione registica di Giovanni Maria Currò.

Il testo “Una vita a cottimo” di Giusi Arimatea, prima che fosse messo in scena, aveva già ricevuto premi e riconoscimenti prestigiosi: primo classificato al Premio Nazionale di Drammaturgia “Aldo Nicolaj” di Fossano, secondo classificato al Concorso Teatro in cerca d’Autore di Avezzano, selezionato al Nuovo Teatro San Paolo di Roma e al Premio Nazionale Ercole Patti di Treccastagni; il testo e lo spettacolo continuano a raccogliere premi. E certamente il pubblico messinese non vorrà perdere questo spettacolo, che vede la stessa Arimatea impegnata anche come aiuto alla regia. I costumi sono di Cinzia Muscolino. Giovanni Maria Currò cura, oltre alla regia, il disegno luci.

 

“Una vita a cottimo” è il dramma intimo di un uomo schiacciato dal senso di responsabilità, dal carattere severo e prevaricatore della madre. È un quieto dondolare tra l’arrendevolezza e le fantasticherie. La cognizione, appena sussurrata, dell’insensatezza della rinuncia alla vita.

 

E’necessaria la prenotazione (preferibilmente tramite messaggio whatsaps) al 339 5035152.

Magazzini del Sale, via del Santo 67- Messina

 

Dice il regista, Giovanni Maria Currò:

Cimentarsi nella regia di uno spettacolo non è mai semplice. Bisogna avere una visione totale del lavoro, poi farsi carico dei singoli elementi: avere cura in primo luogo della drammaturgia, poi degli attori, delle scene, dei costumi, delle luci e di tutto ciò che concorre alla messa in scena finale, precisamente “a quella che avevi in testa”. 

Quando lessi per la prima volta “Una vita a cottimo”, abilmente scritto da Giusi Arimatea, mi resi conto sin dalle prime battute che non si sarebbe trattato del solito lavoro di direzione: un monologo richiede di fatto sforzi supplementari sia a un attore bravo come Mauro Failla sia al regista che lo deve dirigere. 

Ho quindi provveduto a non accavallare mai i piani, ho cercato di procedere per gradi, ponendomi un obiettivo alla volta senza tuttavia perdere di vista l’insieme cui avevo teso sin dal primo momento. 

Volevo prima di ogni cosa emergessero la personalità, l’anima e il cuore di Vincenzino, il protagonista della nostra storia. Ciò significava farne rivivere, attraverso l’attore, che dal canto suo ha molto lavorato sul personaggio, lo “sconquassato” mondo. Io, peraltro, desideravo accadesse tutto ciò organizzando un percorso avvincente, in grado di trasportare avanti e indietro lo spettatore lungo l’asse temporale di cui già la drammaturgia aveva mescolato le carte. Sono stati dunque questi i principiali intenti che hanno mosso la mia regia.

Lavorando, intanto, riflettevo sulle impronte impresse sulla nostra pelle dal passato e dagli individui che quel passato l’hanno più o meno condizionato. Chi siamo, del resto, corre lungo i sentieri delle anime che hanno incontrato, confortato, oppresso la nostra anima. Le radici del dolore pare abbiano sempre un corpo, due occhi, una voce. 

 

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