Proiettato Domenica 26 maggio alle ore 16,30 a Barcellona Pozzo di Gotto, grazie al lavoro organizzativo congiunto delle due associazioni ContiamoCi!e FISI (Federazione Italiana Sindacati Intercategoriali) il documentario “Non è andato tutto bene”, titolo che fa volutamente il verso allo slogan ossessionante “andrà tutto bene”, a posteriori decisamente inappropriato.
Questo terzo documentario di Paolo Cassina segue i due precedenti (“Invisibili” e “La morte negata”) e ne costituisce anche l’integrazione ed in qualche modo il compendio.
In quest’ottica la testimonianza nelle ultime scene di una donna, le cui condizioni fortunatamente sono migliorate in questi quasi due anni trascorsi dalla prima intervista registrata nel documentario “Invisibili”, tanto da essere diventata mamma dopo aver in qualche modo recuperato gran parte dei danni subiti, portano speranza (non nel senso del cognome del ministro, altra bella beffa ironica del destino) e confermano le importanti capacità di auto rigenerazione proprie dell’organismo umano.
Diviso in tre capitoli (capitolo 1: le cure negate; capitolo 2: la tessera verde; capitolo 3: reazioni avverse) il documentario prodotto da Play Master Movie ripercorre le principali tappe delle conseguenze della pandemia sottolineando, per esempio attraverso le parole di Meluzzi, che quelle sanitarie sono state forse quelle più evidenti ma probabilmente più marginali.
Una messe di dati esposti nel documentario, insieme a tante toccanti testimonianze, che giustificano giudizi trancianti e definitivi come ad esempio quelli espressi da Massimo Citro sia come medico che come cittadino. Oppure episodi tragicomici, se non fossero davvero indicativi di “una psicosi di massa” (Meluzzi) realmente accaduta, accompagnata da “un colpo di stato politicamente corretto” (Citro), come ad esempio nel caso del minore che sull’autobus è stato costretto a scendere perché il suo green pass era scaduto da qualche minuto quando il controllore gli ha chiesto di mostrarglielo. Follie, che abbiamo vissuto e che speriamo (pardon, che vogliamo) non vivere mai più. Ma dipenderà da noi.
Purtroppo, chi scrive non è ottimista. Come suol dirsi, passata la festa, gabbato lo Santo. Una caratteristica tipica del popolo italiano, non a caso preferito come bersaglio per la più grande sperimentazione di massa mai concepita finora.
Articolo a firma Lo pseudonimo