Un lungo monologo, o meglio sei monologhi in successione, interpretati da un immenso Peppino Mazzotta, uniti e collegati insieme da una voce narrante, sempre dell’attore. Il giornalista di RADIO ARGO SUITE per dieci anni aggiorna la popolazione sulla guerra di Troia attualizzata al presente ed introduce il ritorno in patria di Agamennone. Detto en passant, il tono di voce che l’attore usa per il giornalista dietro le quinte sembra simile, come pure qualche riferimento più esplicito, a un noto ed immarcescibile conduttore della Rai, particolarmente attivo nel propagandare la campagna vaccinale. Ma forse questa è, come si può dire? Una mia suggestione non confermata. Sei i personaggi che appaiono uno dietro l’altro, tutti interpretati da Peppino Mazzotta: Ifigenia, la bambina innocente con una smisurata fiducia nel padre (mal riposta, ovviamente); Egisto e Clitennestra insieme, in un dialogo serrato dove Mazzotta usa volontariamente lo slang dialettale, anzi gli slang dialettali, mischiando siciliano e calabrese e altro ancora per caratterizzare la rozzezza di Egisto (o la sua autenticità di scopi, più volte ribadita da Clitennestra: mangiare, dormire, scopare), Agamennone, che definisce esattamente il potere e i suoi obiettivi, fino al punto di uccidere una figlia per i suoi scopi militari e per andare oltre l’umano; Cassandra, la cui condanna è non essere creduta quando dice la verità e che prevede esattamente cosa avverrà semplicemente perché quello che accade è frutto delle scelte fatte o che vengono fatte, generalmente per convenienza e, infine, Oreste. Quest’ultimo dà alla folla il palazzo, lo consegna, se si può dir così, alla dinamica democratica tanto osannata ma che non fa sparire la massa. Ognuno dei personaggi, insomma, aggiunge al dramma classico un qualcosa di assolutamente contemporaneo, ribadito e sottolineato dalle musiche di Massimo Cordovani eseguite dal vivo insieme al batterista Mario Di Bonito (si udiranno a un certo punto anche dei colpi che esplodono che tanto sembrano ricalcare il rumore dei missili che piovono sulle popolazioni civili, ad esempio i missili o i colpi di cannone ucraini sulla popolazione russa e viceversa). Una spietata descrizione, dunque, di quello che siamo ancora oggi perché tanto già Omero, che la sapeva lunga, aveva capito tutto, anche sulle “Chimere”.
Radio Arco Suite, al Festival Orestiadi di Gibellina uno spettacolo molto particolare
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